Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione Cookie Policy

Lucia Carozza (de girolamo) ved. di Erminio Rossi (de pulnice)

( In una lunga conversazione, Lucia mi ha raccontato la sua vita vissuta con Erminio, suo marito, soffermandosi, in particolare, sul periodo della loro emigrazione in Belgio. I fatti, le vicissitudini, le esperienze vissute sono, in parte, comuni a quelle vissute dalla maggioranza degli emigranti che negli anni 46-60 emigrarono in Belgio per lavorare nelle miniere di carbone. Furono esperienze dolorose, a volte tragiche, ma affrontate con coraggio, spirito di sacrificio e dignità. La storia di Lucia e di Erminio una storia particolare. Ne riporto una sintesi).

L'arrivo in Belgio

" Io ed Erminio ci sposammo nel 1950. In quegli anni del dopo guerra le condizioni di vita nel nostro paese erano difficilissime, la miseria regnava dappertutto, e per i giovani non c'era alcuna possibilità di un futuro migliore. L'unica speranza era l'emigrazione. Noi pensammo di andare in Belgio dove già erano emigrati alcuni compaesani.
Il 22 ottobre 1952 Erminio lasciò il paese. Con una vecchia tradotta per il trasporto di minatori raggiunse Milano dove rimase 3 giorni per i controlli medici richiesti che dovevano accertare la idoneità fisica per scendere in miniera. Era una selezione rigorosa che spaventava gli emigranti poiché se non fosse riuscita essi avrebbero dovuto far ritorno a casa. Superata la selezione, Erminio partì per il Belgio, destinazione Hauthalen una cittadina mineraria delle Fiandre orientali. Spesso ci scrivevamo ma il distacco e la lontananza erano insopportabili.
Il 22 gennaio 1956 partii anch'io per il Belgio. Fu un viaggio pieno di sofferenza e di profondo disagio fisico e morale. A Pescara presi anch'io una vecchia tradotta che veniva da Lecce carica di emigranti per il Belgio. Alla stazione di Milano ci inquadrarono come soldati e ci portarono in un vecchio palazzo vicino alla stazione. Fummo sistemati in grandi camerate, fredde e poco pulite. C'era un caminetto ma poca legna da ardere. Il pranzo era servito in una gavetta per militari. Lì rimanemmo 4 giorni.
Il 26 gennaio mattino ripartimmo per il Belgio con lo stesso treno e nella serata stessa arrivammo a Hauthalen. Alla stazione c'erano tanti minatori che aspettavano le loro mogli o famiglie. C'era anche Erminio, ma io lì per lì non lo riconobbi. Erminio era fisicamente cambiato: si vedeva che aveva sofferto. Mi sentii male. Poi ci abbracciammo, piangemmo. Mi portò a casa : una baracca di legno usata dai soldati durante l'occupazione nazista del Belgio. Il pavimento era di cemento, c'era una stufetta a carbone a forma di uovo. I vetri delle finestre erano ghiacciati. Oltre alla piccola cucina sommariamente arredata, la baracca disponeva di un bagnetto e di un camera. Quella fu la nostra casa per 3 anni.

Erminio raggiungeva la miniera in bicicletta e se era ghiacciato andava a piedi con gli altri minatori. La distanza era come tra Montenero e il cimitero di Fallascoso. Quando faceva il turno di notte io non riuscivo a dormire e quando poi sentivo la sirena dell'ambulanza – cosa che capitava spesso – ero presa dalla paura. Fin dai primi giorni cercai di ripulire a fondo la baracca, di renderla più accogliente e Erminio apprezzava il mio impegno. Spesso Erminio invitava a pranzo i suoi compagni di lavoro, abruzzesi e non abruzzesi. Erano momenti molto belli poiché si parlava e si stringevano amicizie. Per un periodo vennero a mangiare da noi i fratelli di Erminio – Angelo e Antonio -, che lavoravano anche loro in miniera. Ad essi lavavo anche i panni.
Con Erminio, o quando egli invitava a cena i suoi amici, spesso si parlava della miniera. Io ascoltavo ma non sempre capivo il significato di "quota", "taglia", "livello, "bac", "motopic", ecc....
Un giorno dissi a Erminio se potevo scendere anch'io laggiù. Mi prese sul serio. Si informò. Era possibile, ma bisognava fare la richiesta ufficiale alla direzione e dovevamo essere un gruppo di mogli/parenti di minatori. L'accordo fu raggiunto e dopo tante raccomandazioni e le precauzioni necessarie, vestite da minatori, scendemmo con l'ascensore fino a quota 800.
Fu un'esperienza terribile. Era tutto buio, mancava l'aria, un odore e un rumore insopportabili. Allora capii tante cose, soprattutto vidi dove aveva lavorato per 4 anni Erminio e dove lavorava ancora. Questo avvenne nel mese di giugno del 1956.
Il mio lavoro.
Siccome durante lo sfollamento a Pennadono avevo imparato a fare le calze e le maglie a macchina, decidemmo che avrei potuto incominciai a lavorare anch'io. Con Erminio e l'aiuto di un suo amico belga andammo a comperare una macchina in Germania, 800.000 mila lire da pagare a rate, ma il guadagno era buono e ci permetteva di fare anche qualche risparmio per la costruzione della nostra casa a Montenero, che era il nostro principale obiettivo.

Poi nel 1964 trovai un lavoro in fabbrica, in Olanda, dove lavoravano altre mogli di minatori. Partivamo da Hauthalen presto la mattina con un pulmino e tornavano tardi nel pomeriggio. Un lavoro duro ma ben retribuito e con la garanzia di tutti i diritti che spettavano ad un operaio.

Naturalmente, oltre a questo lavoro in fabbrica, curavo la casa e facevo tutti gli altri lavori necessari. Non stavo mai ferma. Con le amiche andavo a fare la spesa, fatto che mi permetteva di scambiare qualche frase in fiammingo.

Un amaro rientro a Montenero

Nel 1970 decidemmo di ritornare in paese. Avevamo finito di pagare la casa e avevamo fatto anche qualche risparmio. Inoltre, avevamo comperato i mobili per arredare la nuova casa. Cosa che facemmo puntualmente non appena arrivarono i mobili dal Belgio. Eravamo contenti, la casa era comoda e il ritorno in paese segnava la realizzazione del nostro sogno. Purtroppo la cose non andarono come avremmo desiderato. Infatti, Dopo un primo periodo di serenità , i rapporti con alcuni parenti si guastarono e la vita non fu più tranquilla, tanto che un giorno io e Erminio decidemmo di ritornare a Hauthalen dove avevamo ancora tanti amici con i quali avevamo mantenuto contatti frequenti.
(Testimonianza raccolta da Gesualdo Carozza)