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Introduzione

Ancora oggi, a 62 anni da quel terribile autunno del ’43, sono visibili nel nostro paese  le pesanti ferite infertegli  dalle truppe germaniche. E il ricordo  delle sofferenze patite è sempre vivo nei nostri anziani che di quegli eventi bellici furono testimoni diretti e indifesi.

Per ricostruire i fatti di quel triste periodo e preservarli dal probabile oblio, questa rubrica  si prefigge di interpellare gli anziani per raccogliere le loro testimonianze  sul periodo dell’occupazione tedesca del ‘43/44,  dall’arrivo dei primi soldati all’abbandono forzato delle case da parte della popolazione, ai soprusi, alle violenze, alla distruzione sistematica e totale del paese ed  agli eccidi di concittadini inermi perpetrati dai nazisti. Si tratta, dunque, di custodire la memoria di quel periodo e consegnarla alla storia della nostra comunità locale.

Noi crediamo che ciò sia un fatto dovuto e che riguardi tutta la comunità dei monteneresi : anziani e giovani, uomini e donne residenti in loco o emigrati.

Tra storia e memoria

Giustino D'Orazio ( di zi-criscenne)

Dopo alcuni anni di emigrazione in Svizzera, nel 1967 Giustino partì con la moglie, Rosa Carozza, per l'Australia dove vive con tutta la sua famiglia. ".... appena arrivati....un caldo enorme,la lingua senza sapere una parola...., chi arrivava in Australia sapeva che non poteva tornare subito indietro perché il viaggio era lungo e costava molto,.... ma già dall'inizio incominciai a lavorare con il compianto Rocco Rossi ed altri due amici. .........poi piano, piano ci si abitua". Oggi posso dire che vivere in l'Australia è meglio di ogni altra terra....; oggi stiamo tutti bene e con un gruppetto di amici ci vediamo spesso e ci vogliamo bene"...." – Così scrive Giustino nella sua lettera. Per il testo integrale clicca qui.

Gelsomina Carozza ( di luduveiche)

Gelsomina Carozza partì per l'Australia 51 anni fa. Compì il suo 15° compleanno sulla nave che la portava a Fremantle dove vive con suo marito Antonio D'Antonio (de catareine), con tre figli, nipoti, una sorella e la mamma, Mariangela di 94 anni. Nella sua lunga e bella lettera Gelsomina ripercorre, come in un film, le principali vicissitudini della sua vita dall'infanzia vissuta nella dura miseria del dopoguerra, al tentativo di trovare una strada migliore per il futuro, all'espatrio doloroso ma pieno di speranze, all'odierna serenità ed agiatezza. Il suo racconto è fatto con intenso pathos e rivela la freschezza dei suoi ricordi e l'amore forte che ha sempre conservato per il suo paese di origine, Montenerodono. Per il testo integrale clicca qui.

Nicola Rossi (Canada) Sintesi della mia storia

Sintesi della mia storia di emigrazione

Partii dall'Italia il 16 Giugno 1951 a 22 anni, con appena la quinta elementare. Andai in Canada per lavorare con i contadini, con un contratto di lavorarci per un anno, per 45 dollari al mese con vitto e alloggio.

Arrivato in Canada andai in una masseria a Zurich, in provincia dell'Ontario. La mattina alle 5 incominciavo a lavorare. Per primo si mungevano le mucche che erano un centinaio. Verso le 8 si faceva colazione con cereali, latte e caffé. Dopo si andava a lavorare in campagna. A mezzogiorno il pranzo consisteva in 2 patate lesse con una salsa, una fetta di pane e café. Dopo pranzo andavo a raccogliere le uova di circa 2.000 galline. Dopo questo lavoro andavo a riprendere le mucche dai pascoli per rimungerle e quando finivo andavo a cena e si mangiava ancora 2 patate e una fetta di pane col burro e the.

La cosa più dura era la lingua per comunicazione. Fortuna volle che vennisse mio cognato Fred D'Orazio da Canton Ohio dove abitava anche il maestro Lorenzo D'Orazio. Lui mi mandò un libro di grammatica accelerata per imparare l'Inglese. Non ci dormivo la notte per imparare .Questo libro adottava il sistema delle 5 parole al giorno, ossia scrivere 5 parole nuove e durante la giornata me le ripassavo. Con poco tempo riuscii a imparare abbastanza per andare e fare quel che volevo.

A Ottobre l'inverno si avvicinava. Domandai al padrone se aveva ancora bisogno di me anche durante l'inverno, perché volevo provare altri lavori. Mi disse: " Veramente non ho proprio bisogno e se trovi un lavoro nell'industria io ti lascio libero". Però nella provincia dell'Ontario non ti rilasciavano il libretto di lavoro prima della conclusione dell'anno di contratto. Cosi decisi di andare nel Quebec perché lì era più facile avere il libretto di lavoro. Infatti come arrivai a Montreal andai all'ufficio del lavoro e subito mi fecero il libretto. Dopo qualche giorno trovai il lavoro a picchi e pale.

Avevo solo 5 dollari in tasca e mi dovevano bastare per 10 giorni per raggiungere la prima paga. Perciò pane e sardine e così, per 10 giorni, quello fu il pranzo e la cena. Restai in quel posto fino a Natale. Dopo Natale incominciai a lavorare in una panetteria dove si lavorava 60 ore alla settimana e si andava meglio per cui feci l'atto di chiamata a mia moglie ed a mia figlia Francesca che arrivarono a Montreal il 25 novembre 1952 Era duro trovare una casa. Trovai una camera da letto e si doveva abitare con la padrona, ma Francesca era piccola e la notte piangeva. La padrona mi voleva mandare via ma con il suo aiuto trovammo un appartamento: 2 locali, cucina e salotto.

A questo punto non stavamo tanto male, ma bisognava migliorare perché senza un mestiere si guadagnava poco. Allora decisi di andare alla scuola serale per imparare l'Inglese bene e in più imparare un mestiere. Volevo fare il saldatore, ma dopo una settimana di scuola gli occhi mi facevano male e allora cambiai con tornitore meccanico. La scuola durò 6 mesi, 4 sere la settimana. Terminato il corso ebbi la fortuna di trovare lavoro presso la ditta PRATT&WHITNEY e, mentre lavoravo, la sera continuai ad andare a scuola per qualche anno per seguire un corso di matematica, di algebra e disegnatore meccanico.

Ho lavorato con la PRATT& WHITNEY dall'otto agosto 1953 al primo Gennaio 1990. Incominciai con una paga di 3.000.dollari all'anno: Quando andai in pensione avevo raggiunto la somma di 60.000.dollari l'anno.
Rossi Nicola,
(email del 5/11/05)

Nicola Rossi (Canada) Emigrazione in Canada

Emigrazione in Canada.
Una partenza numericamente consistente, piena di aspettative, di sogni, di speranze ma anche di paure. Un momento straziante per chi lasciava il paese e i propri cari, ma soprattutto per i loro genitori, familiari, parenti e amici che assistettero commossi, in piazza San Martino, alla partenza di tutti quei giovani monteneresi (gc).

Il 16 giugno 1951 partì il primo gruppo di pionieri per il Canada. Eravamo 5 persone : Como Raffaele, Rossi Nicola, Coletta Antonio, Rossi Domenico e Di Tommaso Nicola. Tutti su richiesta del governo canadese, con un contratto di lavoro per un anno come contadini per $.45 al mese più vitto e alloggio. Dopo un anno si era liberi di lavorare dove si voleva, naturalmente, bisognava cercarsi e trovare un posto di lavoro.

Il 3 Maggio 1957 partirono Calabrese Giuseppe, Di Francesco Agostino,Di Lullo Giovanni, Di Lullo Pietro, Rossi Carmine, Tamburrino Filoteo. Anche questo secondo gruppo su richiesta del governo per lavorare nelle ferrovie canadesi, sempre con il contratto di un anno. Questo gruppo era di 2 persone, tutti giovani non sposati.

Il 20 Maggio 1957 parti un terzo gruppo di cui facevano parte Tamburrino Antonio, Rossi Francesco fu Carmine, Rossi Francesco fu Angelo, Di Iorio Gasperino, Di Nicolantonio Giorgio, Di Nicolantonio Anselmo, D'Antonio Camillo, D'Orazio Carmine, D'Orazio Concezio, D'Antonio Enrico, Coletta Giustino, Di Lullo Angelo, D'Antonio Giuseppe, Tamburrino Fedele, Di Luca Carmine.

Tutte le 21 persone di questi due ultimi gruppi, arrivate in Canada, fecero l'atto di chiamata ai propri famigliari. Oggi abbiamo raggiunto il numero di 211 famiglie, circa 500 persone di MONTENERESI e abitiamo tutti nella zona di Montreal, Canada.

Calabrese Giuseppe (Argentina)

Caro Gesualdo, chiedo scuse se non ho potuto dare una risposta come avrei voluto alla tua richiesta sul bellissimo progetto "Per nondimenticare..........".
Grazie per questa bella idea di allacciare mediante la moderna tecnologia
della posta elettronica contatti con tutti i paesani sparsi per il mondo.
Quello che finora ho potuto fare è stato di cercare di creare una certa coscienza tra i paesani residenti a Buenos Aires con cui ho parlato di persona o telefonicamente di questa iniziativa.
Vi mando una mia testimonianza scritta, tre fotografie e due mie poesie e vi prometto di inviarvi altro materiale non appena possibile.

Auguro a tutti un 2006 di pace e di benessere.
Peppino Calabrese ( Buenos Aires)

(Per la testimonianza integrale clicca qui)

Nota: Peppino (Peppino di Sofía di Modesto e di Antonio di Gioacchino)
partì per l'Argentina nel 1950, insieme alla mamma Sofia ed alla sorella Maria, dove raggiunse il padre. Aveva 12 anni. A Buenos Aires ha compiuti tutti suoi studi, conseguendo il diploma di perito industriale. E' sposato ed ha tre figli. A Buenos Aires svolge un'attività industriale nel campo della lavorazione della plastica, in particolare per attrezzature medico - ospedaliere. E' ritornato in Italia una sola volta nel 1967. (GC)

Testimonianza di Marco Piccoli

Il 6 gennaio 1958, a soli 19 anni, partii per il Venezuela per raggiungere il secondo marito (Rossi Galizio), di mia madre Antonietta (de Marcaun) che mi aveva trovato un lavoro nella linea aeroportuale di Caracas, dove lui stesso si guadagnava il pane.
M'imbarcai al porto di Napoli, sulla nave "Antoniotto uso di mare" per arrivare precisamente a Maiquetia, un paese a pochi chilometri dalla capitale venezuelana. Il viaggio fu massacrante: sedici lunghi e interminabili giorni. Il mal di mare, le vaccinazioni di routine, l'antitifica e antivaiolica mi causarono una febbre molto alta; stavo male fisicamente, ma soprattutto moralmente. Solo le preghiere e la speranza di un futuro migliore mi aiutarono a reagire.
Arrivati al porto di Caracas, il patimento non era per nulla terminato. Fummo costretti a restare sulla nave ancora molti giorni. In Venezuela c'era stato il colpo di stato, dalla terra ferma giungevano notizie molto frammentarie e tanti erano i dubbi e le paure. Dopo sette giorni riuscimmo a sbarcare. Ad aspettarmi c'era lo zio Galizio che mi ospitò nella sua baracca, per tutto il tempo che restai in Venezuela (circa quattro anni).
A causa di quei problemi politici, non fu possibile lavorare all'aeroporto con lo zio, e all'inizio mi arrangiai in lavoretti vari. Dopo qualche mese, trovai un lavoro in un'officina " Taier Centrale".
In quell'officina entrai come apprendista meccanico ma presto passai ai lavori di carrozzeria, "la mia vera passione", in poco tempo imparai i trucchi e i segreti del battilamiera.
Guadagnavo bene, e spesso potevo inviare i risparmi alla famiglia e qualche regaluccio alla mia promessa sposa Maria.
Nel 1961 dovetti prendere una decisione: restare per sempre in Venezuela, dove avevo ottime prospettive e un futuro quasi certo, o tornare in patria e mantenere fede alla promessa che avevo fatto alla mia fidanzata.
Decisi di ripartire per il paese. Il 10 luglio 1961 ritornai dal Venezuela e il 10 settembre dello stesso anno mi sposai.

(Testimonianza raccolta da Angelo Piccoli)

Artidoro Radomile Perazza

Artidoro Radomile Perazza nacque a Montenerodomo il 07/01/1935.
Dopo la distruzione del paese del 1943, i Perazza sfollarono a Corato (Bari), dove rimasero per tre anni. Rientrarono in Abruzzo nel 1946 e furono ospiti di parenti a Chieti fino al 1949. Dopo 6 anni finalmente ritornarono in paese; Ai Perazza fu assegnato un appartamento nelle case ricostruite dall' URRA a Fonticelle.
La vita in paese era dura, il futuro incerto.
Artidoro, per gli amici Doro, orfano di padre, dopo aver abbandonato gli studi, decise di partire per il Venezuela, dove già si trovava da qualche anno suo zio Camillo. Come molti giovani emigranti di quegli anni, il suo intento era quello di restare in Venezuela pochi anni e poi tornare in paese, dove aveva lasciato tutta la sua famiglia, la madre Giuseppina, lo zio Nicola e la sorella Ines che tanto avevano bisogno di lui.
Egli, che già aveva lavorato nella sartoria di suo zio, iniziò a lavorare in una sartoria nel centro di Merida (170.000 abitanti). Dopo pochi anni riuscì ad aprire una sartoria tutta sua e divenne presto il sarto preferito della città.
Persona molto disponibile e intelligente, nel 1979 fu candidato ed eletto consigliere comunale della città. Mai nessuno straniero era riuscito prima di allora a ricoprire un incarico così importante. La notizia giunse in paese e, l'allora sindaco il compianto maestro Lorenzo D'Orazio, pensò bene di invitarlo e nominarlo, in occasione di un suo viaggio a Montenero, Consigliere Onorario del Comune di Montenerodomo. Il 12 settembre 1981 nella sala consiliare, alla presenza delle autorità e di numerosi compaesani, avvenne in maniera ufficiale il conferimento di membro onorario del Consiglio Comunale di Montenerodomo. La cerimonia fu semplice ma piena di forti emozioni per tutti i presenti.
Doro in quella occasione rimise al Sindaco l'emblema della città di Merida, che ancora oggi, nella sala consiliare, ha un posto d'onore vicino al gonfalone del Comune.
Artidoro Radomile è scomparso il 3 ottobre 1995; una brutta malattia l'ha portato via a soli 60 anni.

(testimonianza ricostruita da Angelo Piccoli)

La storia di Nicetta e Nicola Aspromonte

Buenos Aires, febbraio 2006

Mi chiamo Vanessa Aspromonte, sono argentina, nipote di Nicola Aspromonte e Carmela Rossi (Nicetta) di Montenerodomo (Chieti). Mia nonna mi ha insegnato a parlare italiano.
Di mio nonno non ho molti ricordi : soltanto quelli che mi ha raccontato lei, perché lui è morto quando io avevo solo due anni.
Nicola partì per l'Argentina nel 1951 e due anni dopo, nel 1953, lo raggiunse Nicetta con i suoi tre figli Giuseppe,Vincenzo (mio padre) e Rinaldo.
All'inizio la vita fu dura ma col tempo le cose sono cambiate. Nel 1975 i tre fratelli crearono una piccola impresa metallurgica che è cresciuta negli anni.........

Vanessa

Una vita intensa - Una fine drammatica

D'ORAZIO Fedele " de Rusiline" nacque a Montenerodomo nel 1878; a soli 13 anni si imbarcò a Napoli per gli Stati Uniti d'America, tornò dopo alcuni anni e si sposò nel 1898. Ripartì per gli U.S.A. altre due volte e precisamente nel 1902 e nel 1906 (nonostante la nascita del primo figlio Concezio nel 1905) lavorando nel New Jersey, Pennsylvania e Ohio. Tutto ciò gli consentì, insieme al fratello Francesco, di costruire due case nel rione San Martino e due pagliai nell'Aia di Croce.

Nell'ottobre del 1943 i soldati tedeschi occuparono proprio queste case adibendole a comando e a stalla/mattatoio, costringendo il mio bisnonno Fedele e la sua famiglia a rifugiarsi nella casa di CAROZZA Michele, contrada Casale, dove la sera del 10 dicembre 1943 morì stroncato dallo scoppio di una mina.

Se gli americani gli avevano dato l'opportunità di lavorare e di costruirsi una casa nel suo paese, i soldati nazisti prima gli presero la casa e gli animali e poi gli tolsero barbaramente anche la vita, con una mina.

La fotocopia del manoscritto allegata è stata presa dal registro di sbarco dalla nave Zeeland a Ellis Island , New Jork, il 25 febbraio 1902. Al n.30 dell'elenco è menzionato D'ORAZIO Fedele e alla voce dei parenti presenti negli USA è citato il fratello Francesco, mentre al 29 trovasi Rinalda COLETTA di 23 anni, di Montenerodomo, attesa dal fratello Berardino Pietro COLETTA.
Questo documento (è possibile avere anche le foto delle navi) è stato reperito sul sito www.ellisisland.org, sito che contiene un archivio elettronico con i nomi di 25 milioni di immigrati, perlopiù europei, che dal 1892 al 1924 sbarcarono a Ellis Island nel porto di New York e nell'archivio sono presenti parecchi monteneresi.

( Ricerca effettuata da Domenico D'Orazio)

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