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Introduzione

Ancora oggi, a 62 anni da quel terribile autunno del ’43, sono visibili nel nostro paese  le pesanti ferite infertegli  dalle truppe germaniche. E il ricordo  delle sofferenze patite è sempre vivo nei nostri anziani che di quegli eventi bellici furono testimoni diretti e indifesi.

Per ricostruire i fatti di quel triste periodo e preservarli dal probabile oblio, questa rubrica  si prefigge di interpellare gli anziani per raccogliere le loro testimonianze  sul periodo dell’occupazione tedesca del ‘43/44,  dall’arrivo dei primi soldati all’abbandono forzato delle case da parte della popolazione, ai soprusi, alle violenze, alla distruzione sistematica e totale del paese ed  agli eccidi di concittadini inermi perpetrati dai nazisti. Si tratta, dunque, di custodire la memoria di quel periodo e consegnarla alla storia della nostra comunità locale.

Noi crediamo che ciò sia un fatto dovuto e che riguardi tutta la comunità dei monteneresi : anziani e giovani, uomini e donne residenti in loco o emigrati.

In ricordo di Davy Carozza

Davy Angelo Carozza nasce a Montenerodomo (CH), in Abruzzo il 10 ottobre 1926 da una famiglia, per quei tempi, agiata. Figlio di Nicola e di Amalia Mariotti, ultimo di tre figli ha la possibilità di studiare e conseguire il diploma magistrale nel 1942.
La sua infanzia ed adolescenza sono segnate dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale. Presto impara come venga applicata la politica mussoliniana (Dottrina 1932: "...tutto nello Stato, niente fuori dello Stato,nulla contro lo Stato, ....") quando, ancora piccolo (6 anni), dovrà salutare il padre, Nicola, in fuga verso l'America per non piegarsi alle leggi fasciste.
Egli stesso ricorda, in "Fascimo e Resistenza", come la sua prima educazione scolastica sia stata improntata, come era per tutti in quegli anni, agli ideali fascisti e come, giovanissimo, fosse combattuto fra l'orgoglio per la Patria e l'incredulo stupore per gli abusi della guerra.
Giovanissimo, appena diplomato, assiste all'arrivo dei nazisti ed all'occupazione del suo paese. Partecipa alla resistenza passiva, messa in opera spontaneamente da tutta la popolazione del suo paese di fronte alle intimidazioni ed alle rappresaglie quotidiane dei tedeschi che presto sfociano in vere e proprie azioni delittuose.
Anche il giovane Davy, insieme ai suoi coetanei, partecipa alla resistenza passiva: pochissime armi per molti uomini non vuol dire certo difendersi sparando, ma piuttosto aspettando, valutando ogni situazione, attenti a tutto ciò che accade per poterne trarre il massimo vantaggio al momento opportuno.
Montenerodomo, è un piccolo centro, situato nella parte alta del crinale Sangro-Aventino, che domina le valli circostanti, con una vista che spazia dalla Maiella alla costa adriatica e ne fa un'interessante postazione di controllo del territorio. Le forze tedesche di stanza in quei luoghi conoscono bene l'importanza del sito e se ne appropriano, depredando – per la loro sussistenza- il paese di ogni suo bene e instaurando un clima di terrore che culminerà con l'evacuazione forzata della popolazione, costretta a rifugiarsi in ricoveri di fortuna: masserie, grotte, boschi e soprattutto nei paesi vicini già sotto il controllo degli alleati. Chiunque cerchi, spesso notte tempo, di raggiungere le proprie abitazioni per salvare i pochi viveri rimasti, viene trucidato con brutale freddezza.
Non esiste dignità per l'uomo, non pietà; si uccide il nemico e basta.

Anche il giovane Davy, con la madre Amalia e con Dina, la fedele collaboratrice di famiglia, lascia il paese e va in Puglia dove presta servizio nell'esercito italiano il fratello Stelio. Fu un rifugio temporaneo. Egli rientra e partecipa alle vicissitudini dei suoi compaesani aiutando, all'occasione, i fuggiaschi e quanti, passando per le campagne di Montenero, cercano di raggiungere i territori già controllati dagli alleati.
E qui il racconto del giovane Davy Carozza si ferma, i suoi ricordi indugiano sul quesito che ogni guerra porta con sé: può la violenza essere il tramite per il conseguimento della pace, del bene comune? È possibile che non esistano risposte non violente?
Il 26 novembre del '43, i tedeschi, applicando la crudele tattica di "terra bruciata" minano il paese e fanno saltare in aria quanto era stato edificato con sacrificio nei secoli precedenti. La distruzione fu totale. Su 400 case ne rimangono solo 5.
Il rientro dallo sfollamento è doloroso per tutti. La vita del paese riprende lentamente. Bisogna ricostruire un tetto, riattivare i servizi essenziali per tutti – grandi e piccoli, uomini e donne-, ricreare un'atmosfera di fiducia e speranza.
In questo contesto, Davy Carozza, insieme ad altri due insegnanti di Montenero Lorenzo D'Orazio e Ruffina Mariotti, organizza, gratuitamente, la ripresa delle lezioni per piccoli e grandi in condizioni di grandi precarietà. Si dedica all'insegnamento nel 1946 e 1947. Nel 1948 lascia il paese e raggiunge il padre negli Stati Uniti.
Davy si rende subito conto che per una rapida integrazione bisogna partecipare pienamente alla vita del Paese di accoglienza. Decide allora di arruolarsi e finisce, suo malgrado, col partecipare al conflitto in Corea. Nel 1952 ottiene la cittadinanza americana, condizione indispensabile per poter realizzare il suo sogno: sposare Anna che aveva conosciuto nel 1947 a Montenerodomo. Era giunto anche il momento di riprendere gli studi, vivere altre esperienze, alcune certamente dure ma mai assurde, mai senza scopo. Nello stesso anno si sposa con Anna. Con lei condivide tutte le vicissitudini della sua vita.
Dopo alcune esperienze di docente di lingua e cultura italiana (la causa dell'insegnamento dell'italiano rimane per Davy il suo primo e duraturo amore!), egli consegue presso l'Università Cattolica di Washington D.C. il Bachelor of Arts e il Master of Arts e, successivamente, nel 1964, il Dottor of Philosophy in Lingue e Letterature Romanze.
Nello stesso anno inizia l'insegnamento universitario come docente d'italiano e francese alla "sua" Università Cattolica, poi all'Università del Maryland, al John Hopkins University ed al North Western University. Nel 1965, egli con la famiglia si trasferisce a Milwaukee ed insegna all'Università del Wisconsin come professore associato di Letterature Comparate. Nel 1968 è promosso professore ordinario, ruolo che ricopre fino al 1992, anno del suo collocamento a riposo.
Durante gli anni di docenza nel Wisconsin, Davy mostra tutto il suo dinamismo e attaccamento alla sua professione. Si specializza in Dante, traduce in inglese il Petrarca, scrive numerosi articoli, saggi e recensioni su riviste letterarie americane, italiane ed europee, pubblica una bibliografia ragionata sul Barocco europeo (1977) ed un'apprezzata edizione inglese del Secretum di Petrarca, preparandone il commento critico e le note (1989). Sarà pubblicato postumo il volume "European Literary Baroque", un lungo studio sullo stile di Gian Battista Marino. Libero dagli obblighi d'insegnamento, Davy si dedica alla realizzazione di un'opera, progettata in tre volumi, dal titolo "Introduzione alla critica – Analisi letteraria e stilistica pratica", opera, purtroppo, rimasta in compiuta.
Durante l'estate organizza convegni e seminari post-laurea sulla letteratura del Rinascimento e sui metodi dell'analisi letteraria presso la Italian School del Middlebury College nel Vermont, dove insegna anche la sua amata moglie Anna.
A Milwaukee, Davy partecipa attivamente alla vita culturale dell'Università, ricoprendo anche importanti mansioni amministrative sia all'interno del College che dell'intera Università. Inoltre, partecipa alla vita di varie associazioni professionali: Modern Language Association of America, Midwest Modern Language Association, International comparative Literature Association (AATI) ed è consulente e coordinatore di un importante programma radiofonico italiano di quello Stato.
Nel 1961, quando Davy insegnava all'Università del Maryland, io ebbi l'opportunità di visitare quella università e di stare con lui qualche settimana. Mi colpì la sua popolarità tra gli studenti e il loro interesse per le sue lezioni. Vi erano momenti di forte interazione in aula e tutto si svolgeva in modo ordinato e pacato.
Con interventi puntuali e misurati egli stimolava i suoi studenti a partecipare al dibattito, invitandoli ad esprimersi in italiano o in francese, loro seconde lingue di studio. Essi apprezzavano la sua cultura, il suo approccio metodologico ed educativo. Il suo stile d'insegnamento.
Lì, in quelle circostanze, in un momento di riflessione, rividi l'educatore Davy dell'estate del 1946, quando fece rinascere la scuola nel nostro paese, Montenerodomo, raso al suolo dalle truppe naziste.
Di fronte alla catastrofe della guerra, all'urgenza di ricostruire un tetto per quanti rientravano dallo sfollamento ed a tanta miseria, egli si mise a disposizione delle famiglie per assicurare ai loro figli la ripresa delle lezioni interrotte nell'ottobre 1943. Parlò con i capi famiglia, sollecitò la solidarietà di un gruppo di volontari americani quaccheri impegnati nella ricostruzione del paese, trovò un piccolo locale, buio e igienicamente precario, (ex stalla di Vincenzo Porreca) a San Martino (oggi via Giolitti) e, dopo averlo ripulito e arredato in modo sommario con tavole appoggiate sui mattoni - o mo' di scrittoio e di panca per sedere-, iniziò "la scuola". Si trattava di una pluriclasse. Io ero uno di quei bambini. Ancora oggi conservo un ricordo vivo, indelebile di quella esperienza che il maestro Davy ci fece vivere in tutta serenità. Egli pensò anche ai ragazzi più grandi ed agli adulti. Si trattava di un gruppo che sentiva il bisogno di riprendere a studiare, ad imparare a " leggere, scrivere e far di conto". Per loro organizzò corsi serali in un locale della propria casa, uscito indenne dalla mine nemiche.
La ripresa della scuola promossa da Davy ebbe tanto successo che fu necessario trovare una soluzione più appropriata per consentire a tutti i bambini, che man mano rientravano dallo sfollamento, di riprendere il contatto con lo studio. Una iniziativa altamente meritoria poiché oltre all'apprendimento da parte degli alunni, l'iniziativa consentiva ai genitori di dedicarsi serenamente alla ricostruzione delle case e alla ripresa del lavoro dei campi.
A Davy si unirono subito altri due giovani maestri di Montenero, Lorenzo D'Orazio e Ruffina Mariotti. L'ex stalla di Porreca non era più sufficiente per il numero di alunni. Bisognava trovare altri locali.Tutti insieme gli insegnanti, con la collaborazione dei giovani volontari dell'American Friends Service Committee (AFSC) - che aiutavano a ricostruire il nostro paese - riadattarono, ad aule scolastiche, due locali ancora agibili del palazzo Croce e lì fu trasferita la scuola dove rimase solo per alcuni mesi. Infatti, in seguito al crollo di un muro pericolante di un'altra ala del palazzo, le autorità locali, gli insegnanti e i genitori degli alunni giudicarono quelle due aule non più idonee e sicure. La scuola fu trasferita, di volta in volta, in locali sempre più idonei fino alla costruzione dell'attuale edificio scolastico completato negli anni '50.
La scuola riprese ufficialmente a funzionare nell'anno scolastico 1947-48.
Davy, Lorenzo e Ruffina furono i veri pionieri della rinascita della scuola elementare nel nostro paese, dopo il terribile periodo dell'occupazione nazista. Colpito da un male inesorabile, il professor Davy Angelo Carozza ci lasciò il 22 giugno 1999, nella sua casa di Westport nel Connecticut, dove viveva con l'adorata moglie Anna, circondato dall'affetto dei suoi figli Daniele, Walter, Janet e Paolo e dalle loro rispettive famiglie.
Per mantenere vivo e onorare la memoria di Davy, la sua famiglia e i suoi più stretti amici hanno creato una fondazione di 100.000 dollari per aiutare gli studenti meritevoli e bisognosi della facoltà di lingue romanze.

( Settembre 2006 - Testimonianza ricostruita da Gesualdo Carozza.)

Testimonianze

Introduzione

In questa rubrica saranno pubblicate le testimonianze dei nostri compaesani e compaesane che, negli anni '45/60, partirono per l'estero in cerca di migliore fortuna per se stessi e per i propri familiari, affrontando e superando aspre difficoltà e miserie. Testimonianze, quindi, autentiche di chi ha vissuto direttamente la difficile esperienza dell'emigrazione e che desidera raccontarci, per conservarne la memoria storica, le proprie vicissitudini: le speranze, le paure, i disagi, ma anche le proprie soddisfazioni, il proprio successo e quello dei propri familiari.

Oggi, molti monteneresi (o di origine montenerese) vivono in Paesi lontani, altri, dopo anni di duro lavoro all'estero, sono rientrati definitivamente in paese, altri ancora, purtroppo, ci hanno lasciato per sempre. Questi ultimi saranno opportunamente ricordati nel corso dell'attuazione del nostro progetto.

Le testimonianze possono essere inviate per e-mail (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ), per fax (+39-0872-960014) oppure per posta ordinaria e possono essere scritte a macchina (computer) o a mano, in italiano, in inglese, in francese, in spagnolo oppure in dialetto.

Apriamo questa pagina con due testimonianze pervenuteci dall'Australia.

Introduzione

In questa rubrica saranno pubblicate le testimonianze dei nostri compaesani e compaesane che, negli anni ’45/60, partirono per l’estero in cerca di migliore fortuna per se stessi e per i propri familiari, affrontando e superando aspre difficoltà e miserie. Testimonianze, quindi, autentiche  di chi ha vissuto direttamente la difficile esperienza dell’emigrazione e che desidera  raccontarci, per conservarne la memoria storica, le proprie vicissitudini: le speranze, le paure, i disagi, ma anche le proprie soddisfazioni, il proprio successo e quello dei propri familiari. 
Oggi, molti monteneresi (o di origine montenerese)  vivono in Paesi lontani, altri, dopo anni di  duro lavoro all’estero, sono rientrati definitivamente in paese, altri ancora, purtroppo, ci hanno lasciato per sempre. Questi ultimi saranno opportunamente ricordati nel corso dell’attuazione del  nostro progetto.

Le testimonianze  possono essere inviate  per e-mail  (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ),  per fax (+39-0872-960014)  oppure per posta ordinaria e possono essere scritte a macchina (computer) o a  mano, in italiano, in inglese, in francese, in spagnolo oppure in dialetto. 

Apriamo questa pagina con  due testimonianze  pervenuteci dall’Australia.

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